La Piramide dell’Odio

Riprendendo la quanto accennato nell’articolo precedente, è doveroso approfondire il concetto di piramide dell’odio. L’immagine sottostante è piuttosto esplicativa e lascia adito a pochi dubbi: la piramide è di fatto un’escalation di violenza, che si basa su atti spesso considerati banali, come stereotipi e pettegolezzi, per passare al pregiudizio, alla discriminazione a casi di violenza singoli e finendo con la violenza e lo sterminio di massa.
Se non avete ancora avuto un déjà-vu, vi consiglio di aprire un libro di storia ad una pagina qualsiasi.

https://www.interno.gov.it/it/notizie/combattere-tutte-forme-discriminazione-evitare-rischio-degenerazioni

Nel caso non abbiate un libro di storia, vi riporto qualche esempio.
Il celeberrimo sterminio della popolazione ebraica, perpetrata dalla dittatura nazista, ben rappresenta questa piramide di odio, le cui basi si fondano migliaia di anni fa.
Facendola brevissima: incomincia con una storia centenaria, per l’appunto, di stereotipi e false rappresentazioni, proseguita con la discriminazione tramite “leggi razziali”(nonostante quanto si basassero sulla religione praticata), con un vero e proprio “etichettamento” degli Ebrei, legata a linguaggi d’odio pubblici, sfociando infine nelle violenze fisiche, come la Notte dei Cristalli, fino ad arrivare alla cosiddetta soluzione finale.
Il vertice dell’odio e violenza toccato con la soluzione finale si ripeterà innumerevoli altre volte per tutto il XX secolo, e in tutto il mondo, dalla Bosnia alla Cambogia, con le medesime dinamiche.

Ad oggi è ancora possibile trovare, sul web e tra i discorsi comuni, teorie per le quali sono gli Ebrei a governare l’intero mondo, a decidere le sorti dell’umanità nel suo complesso, come se fossero un’entità superiore, avida e malvagia. Queste teorie non hanno alcuna prova o validità scientifica o antropologia, con la loro semplicità e inflessibilità sono quasi inconfutabili.

Gli stereotipi negativi, le false rappresentazioni, gli insulti e il linguaggio ostile “normalizzato”, sono stati la base dell’escalation di odio e di violenza; gli stereotipi sono un modo semplice, rigido e inesatto di rappresentare la realtà complessa della natura umana, proprio per queste caratteristiche si sono diffusi con facilità e con difficoltà si riesce ad estirparli.
Tali pensieri possono radicarsi a tal punto da non restare più pensieri, magari raccontati ad una cerchia ristretta di persone, ma diventare sentimenti di massa, con esternazioni di disappunto e frustrazione. Contestualizzando un pensiero di questo tipo in un’epoca di crisi economica, insoddisfazione, sconfitta, sentimento di rivalsa e malcontento popolare, in cui la retorica di un uomo ha fatto la differenza, è “facile” capire come il passo dal pregiudizio all’odio sia breve, è quasi scontato.

La piramide dell’odio è un fenomeno ricorrente nella storia dell’umanità, basti pensare all’istituzione dell’Inquisizione da parte della Chiesa Cattolica, volta a sedare l’insorgere, o il progredire, di nuovi pensieri religiosi o spirituali. Gli stereotipi erano la base di ricerca degli ipotetici eretici, ad esempio “la donna da sempre artefice di ogni peccato contro la castità, tentatrice dell’uomo e quindi alleata di Satana ad essere perno, cardine e fondamento di tutto questo”, con un preludio di tale portata, anche qui viene quasi naturale (contestualizzato all’epoca), incolpare, discriminare e odiare le donne, solo per fatto di essere geneticamente donne.

Un altro esempio, ancora e purtroppo attuale, è la persecuzione degli albini africani, vittime di continui abusi, violenze e omicidi, da parte della società colpevole di aver generato stereotipi verso questo gruppo di persone. Ad esempio i bambini vengono uccisi o abbandonati dai genitori portati dalla paura di arrecare disgrazia o disonore alla famiglia; le donne vengono violentate poiché si crede che abbiano il potere di guarire dall’HIV; esiste un mercato nero dei loro organi, utilizzati per riti propiziatori o curativi. La follia più totale.

Oppure Félicien Kabunga, un personaggio agghiacciante, fondatore di Radio Televisione Libera delle Mille Colline, conosciuta come Radio Machete(e la dice lunghissima), il quale durante tutto il periodo della guerra tra Hutu e Tutsi, in Rwanda, ha incitato all’odio alla violenza contro i Tutsi, anche qui le parole sono diventate atti concreti di violenza, fino di genocidio.

Molti altri esempi potrebbero essere citati, ed in tutti è rintracciabile uno schema pressoché identico, che possiamo trovare anche alla relazione Jo Cox, di cui all’articolo precedente, in ordine di avvenimento:

  1. Stereotipi: stereotipi negativi, false rappresentazioni, linguaggio ostile normalizzato.
  2. Discriminazione: di vario genere.
  3. Linguaggio d’odio: minacce e istigazione alla violenza, alla denigrazione e alla discriminazione.
  4. Crimini d’odio: atti di violenza fisica, dall’omicidio singolo allo sterminio.

L’importanza di aver rintracciato questa piramide, rende più facile capire come approcciarsi al problema e quali possano essere le possibili soluzioni, e soprattutto come sia facile tramutare le parole violente in atti violenti.
Dissipare ignoranza e stereotipi, attraverso informazioni e linguaggio positivi, già potrebbe essere un passo avanti.

Quali soluzioni potrebbero essere messe in atto, dalle istituzioni, per prevenire eventi violenti?

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Eugenia

Tsitsernakaberd, memoriale del Genocidio armeno – Photo by Amir Kh on Unsplash

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